Le gioie dell’insegnamento centunesima

I gruppi WhatsApp

di Marika Marianello

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Non si può tralasciare la gioia di ricevere dalle 70 alle 270 notifiche dalla chat di scuola durante domeniche e festività.

Messaggi di un’importanza imprescindibile, di un’utilità sostanziale, di un interesse fondamentale e condiviso, ovvero messaggi edificanti, costruttivi e rincuoranti come:

Buongiornissimo

Buona domenica

Buoni santissimi

Buoni mortissimi

E buoni limortaccissimivostri

che si perdono tra svariati meme, faccine, selfie e sticker di una deficienza inaudita.

Dice che ogni tanto un intermezzo non fa male: domeniche, compleanni, onomastici, Ognissanti, Immacolata, Vigilia, Natale, Santo Stefano, Capodanno, Befana, Festa della Donna, Pasqua Pasquetta e Pasqualcazzo… Non ce ne perdiamo una e ci fa piacere scambiarci gli auguri, ma anche torte, pasticcini, caffè… Dici tu Quello magari di persona o al bar, no via WhatsApp, disagiati e disagiate che non siete altro, e si possono creare due chat, allora, una per le comunicazioni di servizio e una per le cazzate, sacrosante, per carità, purché superino la soglia minima della decenza. E invece no, noi vogliamo intasare proprio questa di chat e bullizzare chi non è d’accordo, perché noi siamo coloro i quali e le quali l’hanno creata col potere di GraySkull.

Gente che la domenica si sveglia e dà sfogo alla propria compulsione comunicativa e dipendenza tecnologica scrivendo cacate del tipo: «Buongiornissimo a tutti, meravigliosi colleghi! Che fate voi oggi di stupendo?», cui seguono faccine e sticker di ogni sorta.

Dici Ma porca merda non è che me la prendo né tanto meno voglio far polemica o criticare o cambiare le abitudini dialogiche degli analfabeti digitali che infestano la rete, non mi permetterei, ma questa traslazione dei rapporti interpersonali su chat non fa benissimo, ci aliena ancora di più dal mondo reale, ed essere continuamente sollecitati e sollecitate dagli impulsi informatici aggrava la nostra dipendenza e ci smantella ovaie e cojoni.

Dice che alcune chat di genitori sono anche peggio… Tu non lo sai, non hai procreato proprio per non vederti inserita in una chat dal titolo Gattini o Orsetti o Mammine in azione. Luoghi nati per trasmettere e scambiare compiti, testi, video, audio, foto ma che poi degenerano nella cronaca puntuale di quello che accade prima, durante e dopo le lezioni e tracollano nella critica sanguinosa dell’insegnante o del/della Dirigente o della mamma o del papà o del bambino/a di turno. Sono il motore isterico e ossessivo di una forma sofisticata di populismo che porta i genitori a diventare in modo quasi istintivo i sindacalisti dei figli/e per cui un pidocchio comparso sulla testa della prole diventa riflesso di una scuola irresponsabile e un metodo di insegnamento per qualche ragione non gradito l’occasione per organizzare moti di protesta contro docenti e dirigenti.

Ora, è un discorso complesso quello che riguarda chat e social che non può certo essere esaurito in una sola gioia, chiaro. Di sicuro dovremmo impegnarci tutte e tutti ad autoeducarci e sviluppare forme di autodifesa digitale; tener sempre presente la nozione di contesto e l’impatto emotivo che le nostre parole hanno su chi ci ascolta o ci legge; sforzarci di riconoscere la nostra (di adulti e adulte) assuefazione e fragilità; non prevaricare i/le compresenti con cui condividiamo quello spazio virtuale ma cercare di prendercene cura, praticando gentilezza; formulare in maniera chiara e netta il nostro pensiero e valutare l’effettiva urgenza di un’informazione.

Se poi non è così urgente né estremamente necessario, effettivamente, puoi pure non dirlo, eh, nun s’offende nessuno, tranqua…

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Nobody likes me. Bansky

Tecnologie del dominio. Lessico minimo di autodifesa digitale

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